Prendeva così forma, dal genio di uno degli architetti più noti del XIX secolo, il veneziano Giuseppe Jappelli (che aveva appena ultimato la costruzione del Caffè Pedrocchi di Padova), e per volontà della persona a cui la costruzione dovrebbe essere in realtà intitolata, come ricorda lo studioso udinese Giovanni Battista Coronali, quello che oggi tutti chiamano Palazzo Kechler. Ovvero la dimora di Pietro Antivari, grande commerciante di seta, lontano parente del compianto vescovo di Udine Pietro Antonio Antivari e protettore, tra l’altro, di artisti quali il gemonese Vincenzo Luccardo, scultore di discreta fama.
Pietro discendeva da un’antica nobile famiglia di origine serba, i Lazzarovich, che per sfuggire ai Turchi, era riparata nel 1420 nella montenegrina Antivari (etimologicamente: davanti a Bar; in lingua serba Antivari é chiamata Bar, tuttora piccolo porto, situato in una zona pittoresca di riviera, circondato da monti di natura carsica), ottenendone la signoria. Nel 1575, durante la guerra tra Venezia e i Turchi, la famiglia, costretta per motivi politici ad abbandonare la sua patria di origine, emigrò in Friuli, dove, rimasta senza alcun titolo, cambiò il suo cognome in Antivari. Qui diede inizio ad una importante casa commerciale che, con svariate industrie - canapificio, tessitura di tele, fabbrica di conciapelli e setificio -, sì arricchì fino a diventare nei primi decenni dell'800 la più importante della provincia (a Venzone si produceva la migliore seta d'Italia, esportata in tutta Europa e unica ad essere quotata sul mercato di Lione) ed accrebbe ulteriormente la propria importanza quando, alla fine del Settecento, Giuseppe Antivari sposò Caterina Linussio, figlia del grande industriale carnico Jacopo.