Alla morte di Pietro Antivari, avvenuta nel 1868, non avendo avuto questi discendenti maschi, i nipoti, figli di Caterina sposata ad Angelo de Rosmini e di Giovanna sposa di Antonio Mauroner, decisero di vendere al loro cugino Carlo Kechler la signoril casa dalla facciata a pilastri. Purtroppo, in occasione del passaggio di proprietà, andarono distrutte tutte le interessanti carte antiche della famiglia Antivari, compreso un suggestivo albero genealogico con figure di turchi e montenegrini.

Carlo Kechler era un giovane di una modesta famiglia originaria di Fiume, la cui biografia assume un sapore quanto meno deamicisiano. Ancora ragazzetto abbandonò i suoi e dopo varie peregrinazioni, giunse nel 1835 a Scodovacca (Cervignano del Friuli), dove i Chiozza, proprietari di un saponificio, si impietosirono di questo giovane, che allora era male in arnese, e lo assunsero in fabbrica. Ebbe fortuna, perché poco dopo Pietro Antivari di Udine, calato nella Bassa a far visita alla cognata Teresa Kircher, sposa di Giuseppe Chiozza, fu colpito positivamente dall’intelligenza e convinto dalle capacità di Carlo, lo portò a Udine, affidandogli il buon ordine dei suoi uffici. Ma visto che tali occupazioni avvilivano il suo acume e la grande volontà di raggiungere una posizione migliore, con l'appoggio del suo protettore, si formò una discreta cultura e non tardò a impratichirsi del lavoro fino a diventare procuratore dello stesso. Il matrimonio con la nipote di Pietro, Angiola Chiazza, datato 1854, non fece che rendere più saldi i legami con la famiglia di questi. Egli univa alla cultura generale un grande talento e spiccata lungimiranza imprenditoriale, capace di idee illuminate, che trovavano fertile terreno in un Friuli che viveva il periodo di massima espansione dell’industria serica e della filanda. Tra le varie attività per le quali il Kechler, che fu anche consigliere della Camera di Commercio (1866), va ricordato ci sono la fondazione del Cotonificio Udinese e dello zuccherificio di San Giorgio, l’ampliamento della filanda di Venzone ereditato dall’Antivari, la promozione del progetto di scavo del canale Ledra-Tagliamento, caldeggiato qualche secolo prima da Giulio Savorgnan, ed il prodigarsi in varie opere di beneficenza. Nel 1872 fu tra i fondatori della Banca di Udine, di cui assunse anche la presidenza.
Amante della buona musica e delle frequentazioni colte, aprì i saloni del suo palazzo organizzando per i più bei nomi della nobiltà cittadina brillanti ricevimenti. Si interessò alla politica e, arrestato dalla polizia austriaca per le idee irredentiste portate avanti in gioventù, trascorse un anno nelle carceri della fortezza di Olmutz.

Dei figli, Camilla invaghitasi giovanissima di Domenico  Pecile, figlio del senatore Gabriele Luigi Pecile, una delle personalità più in vista della città, lo sposò nel 1886 diventandone fedele compagna e collaboratrice nei suoi studi di agraria. Ma allo stesso tempo si prodigò in opere di beneficenza, prestandosi pure come crocerossina nell’Ospedale Militare della CRI di “Toppo Wassermann” durante la Grande Guerra.
Fu proprio in occasione del primo conflitto mondiale che l’edificio divenne per alcuni giorni domicilio di un illustre ospite, ovvero il presidente del Consiglio dei Ministri francese Briand, giunto a Udine nel febbraio del 1916 insieme ad alte personalità militari e politiche. Questi fu accolto con larghissime dimostrazioni dagli udinesi, che più volte lo chiamarono a gran voce al balcone di Palazzo Kechler.

Per un secolo il palazzo rimase inalterato, ma nel 1947, demoliti i fabbricati nel cortile, su progetto dell’ingegner Vicentini, si diede inizio alla costruzione di un cinema-teatro, il più grande del tempo per la città di Udine, con la sua capacità di contenere più di millecinquecento spettatori ed un estensione che raggiungeva Via del Gelso. Inaugurato nel 1948, non ebbe fortuna e chiuse i battenti soltanto ventidue anni dopo, nel 1970. A segnarne il declino, oltre alla modesta qualità media dei films proiettati, furono proprio le mastodontiche dimensioni del locale, a cui gli udinesi favorirono ben presto sale più raccolte.

Al giorno d’oggi quegli stessi locali sono divenuti prima sede di grandi magazzini, con il pianterreno del palazzo adibito a negozi, poi un funzionale centro congressi.